Enzo Bianco, sdb"IL REGNO DELLE OPERE DI MISERICORDIA"

23 novem. 2014 | 34a Domenica: Cristo Re dell'Universo - A | T. Ordinario | Omelia
I popoli sulla Terra si configurano sempre più come repubbliche, e invece noi cristiani festeggiamo Cristo col titolo di re.
Però i presidenti delle repubbliche possono dormire sonni tranquilli: il Signore li ha già informati che il suo regno non è di questo mondo. E oggi spiega loro che questo suo regno poggia non sulle baionette ma sulle Opere di misericordia.
E anche i cristiani possono stare tranquilli: un bravo pensatore
cristiano, Cesare Angelini, ha avvertito: "Fin che nel mondo c'è la possibilità di compiere un'Opera di misericordia, la vita è bella e vivere è divino".

* Di questo curioso "Regno delle Opere di misericordia" - che non risulta sulle carte geografiche - parla il Vangelo odierno, in un racconto di Matteo che si può intitolare Parabola del giudizio universale.
Matteo sta descrivendo Gesù al termine della sua vita terrena: è a Gerusalemme, insegna nel Tempio agli apostoli, ai discepoli, ai pellegrini di passaggio. Matteo ha già esposto tre ampie parabole del Signore, ricche di particolari: quelle dell'amministratore incapace, delle dieci vergini, e dei talenti. Ora conclude con una quarta parabola, solenne e grandiosa, in cui racconta il giudizio che un Figlio dell'uomo pronuncerà alla fine dei tempi, su buoni e cattivi.
Il racconto si sviluppa nel mondo giudiziario, dei tribunali: giudice è il Figlio dell'uomo, personaggio per noi misterioso che Gesù pesca dal mondo degli antichi profeti. È re, siede sul trono della sua gloria. Davanti a lui vengono radunati tutti i popoli della terra. Egli separerà gli uomini buoni dai cattivi, ed emetterà sentenze inappellabili di benedizione e maledizione.

IL FIGLIO DELL'UOMO

Per gli ebrei, l'espressione Figlio dell'uomo in origine indicava semplicemente "l'uomo, inteso nella sua piccolezza e debolezza": così lo intendevano gli antichi profeti come Ezechiele (2,1-10), Isaia (51,12) e anche il libro di Giobbe (25,6). Ma in Daniele aveva assunto una personalità più spiccata: "Guardando nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d'uomo… Gli furono dati potere, gloria e regno" (Dan 7,13-14). E proprio da Daniele Gesù prende a prestito il protagonista della sua parabola: non un uomo qualunque, ma potente, glorioso, e re.

* La parabola in passato è stata intesa dai cristiani per lo più in senso letterale, come annuncio e descrizione di un giudizio universale finale, che il Padre affiderà al Signore Gesù. Uomini e popoli saranno giudicati riguardo ad alcune opere essenziali, che essi avrebbero dovuto compiere durante l'esistenza terrena. Chi le ha compiute, risulta "benedetto dal Padre mio". E chi no, nella parabola viene "maledetto" e mandato "nel fuoco eterno".

* Ora, senza forzare troppo i particolari e i dettagli, riconosciamo il racconto come parabola autobiografica, e nel suo protagonista intravediamo il Figlio di Dio. Gesù si identifica con il prossimo, soprattutto con "fratelli più piccoli". E noi siamo cittadini del suo regno a una condizione precisa: se nella vita pratichiamo verso i piccoli le opere essenziali elencate da Gesù.

LE OPERE RIGUARDANTI "I PICCOLI"

Di quali opere si tratta? Risultano sei, così indicate da Gesù:

- ho avuto fame e mi avete (o non mi avete) dato da mangiare,
- ho avuto sete e mi avete (o non mi avete) dato da bere,
- ero straniero e mi avete (o non mi avete) accolto,
- ero nudo e mi avete (o non mi avete) vestito,
- ero malato e mi avete (o non mi avete) visitato,
- ero in carcere e siete (o non siete) venuti a trovarmi.

*Sono opere suggerite da quel comandamento "che è simile al primo" e dice: "Amerai il prossimo tuo come te stesso". Prossimo inteso nel senso amplissimo che Gesù ha dato al termine: comprende proprio tutti, anche quei piccoli che di solito i grandi ignorano o disprezzano.
Piccoli non nel senso della statura o della giovane età, ma perché membri più deboli della comunità. Per loro - ha già spiegato Gesù - occorrono particolari attenzioni: non vanno scandalizzati (Mt 18,6), se si smarriscono come la pecora fuggita dal recinto vanno cercati e ricondotti all'ovile (Mt 18,10).
Così i piccoli risultano importanti agli occhi di Dio. Il Figlio dell'uomo, cioè Gesù, si identifica in loro: "Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me."
Quel giorno Gesù guardandosi attorno, vedeva in primo luogo i suoi uditori del momento: apostoli, discepoli. E Matteo, qualche decennio più tardi, scrivendo il suo Vangelo, poteva intravedere nei piccoli i cristiani della prima generazione, ormai messi a dura prova dalle persecuzioni.

POI LE SEI "OPERE" DIVENTARONO QUATTORDICI

La Chiesa primitiva prese molto sul serio l'esortazione di Gesù. Innanzitutto dette un nome a quelle sei opere, anzi due nomi. Le chiamò Opere di Cristo, in latino Opera Christi. E anche Opere di misericordia.

* Erano sei, ma quel numero non piaceva: la perfezione - secondo un modo antico di pensare - era nel numero sette. Ed essi alle sei aggiunsero una settima opera di misericordia, cioè seppellire i morti.

* Non bastava ancora. Quelle Opere riguardavano solo il corpo umano, che senz'altro è importante; ma l'uomo è anche anima, anzi l'anima è più importante. E decisero che bisognava compilare un'altra lista, di altre sette Opere, riguardanti le necessità dell'anima: le Opere di misericordia spirituale. Che furono:

- consigliare i dubbiosi - istruire gli ignoranti
- ammonire i peccatori - consolare gli afflitti
- perdonare le offese - sopportare con pazienza le persone moleste
- e infine: pregare Dio per i vivi e per i morti.

- E così le sei Opere di Cristo sono diventate le quattordici Opere di misericordia. I nostri vecchi le imparavano a memoria e le recitavano come preghiera. Esse racchiudono in sé la vera morale, in positivo, di noi cristiani. Conosciamo l'altra morale, quella negativa: "non fare questo, è proibito fare quell'altro..." Ma la vera morale insegnata da Gesù è tutta positiva, di cose concrete da fare. Appunto, le Opere di Cristo.
Esse dicono la sostanza dell'agire cristiano: "La fede se non ha le opere è morta" (Gc 2,17).
Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi ha fatto dire a Lucia: "Dio perdona tante cose, per un'opera di misericordia!".

- Oggi, festa di Cristo re e del Regno dei cieli, ci domandiamo: chi sono i cittadini di questo Regno? E grazie alla parabola di Gesù conosciamo bene la risposta: sono quelli che in terra realizzano le quattordici Opere di misericordia del Signore.
Non resta che provarci anche noi. Perché no? La parabola del giudizio è come una grandiosa "foto di gruppo con il Signore", e in un angolino della foto di gruppo ci siamo anche noi.
                                                                                   Enzo Bianco, sdb

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