MONASTERO DI RUVIANO, " La testimonianza di chi ha visto!"


SECONDA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Is 49,3.5-6; Sal 39; 1Cor 1,1-3; Gv 1,29-34
In questa seconda domenica del Tempo Ordinario (la Festa del Battesimo di Gesù della scorsa
domenica è da considerarsi Prima del Tempo Ordinario anche se fa da chiusura al Tempo di Natale) possiamo dire che continua il tema dell’epifania del Signore, della sua manifestazione alla storia. Dopo l’Epifania ai Magi e quella al Giordano nel Battesimo, la liturgia di questa domenica ci mostra ancora un’epifania quella che avviene per mezzo di un testimone!
Interessante questo tema! C’è un’epifania di Cristo che può avvenire attraverso la testimonianza di chi ha visto!
Per mostrarci questa epifania così particolare la liturgia di quest’anno A si discosta per una volta dall’Evangelo di Matteo e ci conduce all’Evangelo di Giovanni…qui entriamo in un mondo diversissimo da quello degli altri Evangeli ma che ci conduce a delle letture in profondità di assoluta luminosità e chiarezza teologica.
Per il Quarto Evangelo Giovanni Battista non è il Precursore, per lo meno non lo è in primo luogo (al capitolo 3 dirà certamente di essere l’Amico dello Sposo che precede lo Sposo ma poi deve scomparire; cfr Gv 3, 28-30); per il Quarto Evangelo il Battista è il primo testimone di Gesù; poi ci saranno altri testimoni: il Padre, lo Spirito, i discepoli tra cui in primis il discepolo amato; poi Gesù stesso dice di essere il testimone del Padre. Qui il Battista assolve alla funzione di primo testimone.
I testimoni sono necessari e lo sono soprattutto nelle ore di tenebra, nelle ore di buio. Cosa fa il testimone? Offre la testimonianza e questa genera la fede. Il testimone è una sollecitazione forte a seguire il Signore. Non a caso il Battista, dopo aver dato la sua testimonianza, farà sì che i suoi discepoli seguano Gesù. Infatti, sempre in questo capitolo dell’Evangelo (1, 35ss), il Battista indicherà Gesù ad Andrea e ad un altro discepolo (l’autore dell’Evangelo) perché seguano Gesù lasciando la sua sequela.
La testimonianza fa poi ancora una cosa importantissima: si colloca senza timore in contesti conflittuali. È lì che opera il testimone. Il testimone è uomo che si mette dalla parte della luce e questo diviene chiaramente uno scontrarsi con la tenebra. Possiamo dire che il tempo della tenebra è la stagione dei testimoni. È stato sempre così e sarà così anche oggi se si troveranno uomini capaci di “ergersi sulla breccia” (cfr Ez 22,30). Proprio nel buio, anche nel buio malvagio, si collocano i testimoni. È lì che gridano una parola di luce, una parola che indica la luce. I testimoni hanno sempre un segreto, un segreto che li rende coraggiosi, senza paura, limpidi e senza mezze misure: hanno incontrato il Signore.
Giovanni Battista ha visto; ha saputo cogliere nell’umiltà di Gesù di Nazareth il luogo del mistero di Dio.
Questa testimonianza del Battista è allora una epifania di Gesù! L’Uomo del deserto ha saputo fare un’operazione straordinaria, di una verità e di una umiltà sconcertanti: ha riconosciuto in un suo discepolo il Messia e il Signore! Le sue parole sono chiare: Colui che viene dietro di me (“opíso mou”: termine tecnico per dire la sequela di un maestro; Gesù stesso userà quest’espressione per chiedere ai suoi discepoli di diventare tali seguendolo) mi è passato avanti (cioè: è Lui il maestro) perché era prima di me; qui certamente la lettura teologica dell’Evangelista ci riporta alle parole del Prologo in cui aveva affermato che Colui che si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi era in principio.
Il Battista è presentato dunque dal Quarto Evangelo come il testimone di questi tratti precisi di Gesù: Gesù è Colui che era al principio; è l’agnello che prende il peccato del mondo; certamente l’agnello pasquale che permette, nel suo sangue, la salvezza e l’esodo verso la libertà, ma anche l’agnello dello Yom Kippur, del Giorno dell’Espiazione, che prendeva su di sé il peccato del popolo e lo consegnava, secondo la Liturgia ebraica, a Dio nel suo sangue; è l’agnello che richiama il Servo sofferente del Signore cantato da Isaia (cfr 53, 4.7).
Si badi che il Battista non dice Ecco l'agnello di Dio che prende su di sè i peccati del mondo ma Ecco l'agnello di Dio che prende su di sè il peccato del mondo. Cioè? L'agnello non prende solo i peccati del mondo ma il peccato, quello che è al fondo di ogni male: l'empietà, il negare Dio facendosi dio, il negare la luce per vivere nella tenebra in cui il male non si può vedere (cfr Gv 3,20), l'incapacità ad accogiere il dono come dono.
Il testimone è allora uno che ha visto il Signore attraverso lo Spirito; infatti è lo Spirito che permette a Giovanni di incontrare il Signore nel suo discepolo Gesù, il Messia nell'umile ragazzo di Nazareth che si era messo alla sua sequela, Colui che era prima, in principio, in Colui che in un certo giorno si era messo alla sua sequela nel deserto. Giovanni afferma che fino un certo momento tutto questo non lo conosceva ma poi lo Spirito glielo ha reso palese ed ora può testimoniarlo con tutto se stesso.
La liturgia di oggi ci conduce così ad un punto cruciale della vita della Chiesa di oggi (ma poi di sempre!). L'Evangelo ha bisogno, nella Chiesa, di testimoni, ma questi ci saranno solo se gli uomini incontreranno il Signore, solo se la fatica quotidiana della Comunità credente avrà un obiettivo chiaro: far sì che gli uomini e le donne del nostro tempo incontrino Gesù, Dio fatto Uomo, Crocefisso e Risorto! La fatica d'una Chiesa che voglia essere davvero Chiesa deve essere tesa solo a questo: trovare modi per annunziare l'Evangelo, un annunzio che non dia inormazioni catechetiche ma che prima permetta alle vite delle persone di fare l'incontro che cambia l'esistenza e che trasforma in testimoni! La Chiesa deve iniziare a vedere come marginali tante attività che essa compie, anche lodevoli (e che certo le procurano applausi e consensi!), per mettere al centro la fatica dell'annunzio perchè l'uomo non crede, non conosce Cristo, è lontano da Dio perchè mai ne ha fatto esperienza viva! La Chiesa è fatta da testimoni che generano, con l'annunzio e l'amore fraterno, ancora testimoni.
Nell' incipit della sua Prima Lettera ai cristiani di Corinto, che oggi si legge, Paolo si definisce testimone e fratello e perciò capace di inirizzare ancora una parola a quella Chiesa che è in Corinto ... Infatti si definisce apostolo cioè inviato per una testimonianza e si dichiara "in fraternità" perchè con il fratello Sostene. Paolo è uno che ha incontrato il Signore e che vive la fraternità.
Può testimoniare solo chi ha visto! E' così anche da un punto di vista giuridico ... diversamente si è falsi testimoni. I cristiani saranno testimoni autentici solo se saranno davvero cristiani: uomini e donne, cioè, che in un giorno benedetto della loro vita hanno incontrato Gesù, Signore, Maestro e Salvatore! Devono, cioè, aver sperimentato concretamente e nella loro carne che Gesù è vivente ed è Signore: ha dunque l'ultima parola sulla loro esistenza perchè solo quella parola dà senso e vita; devono aver sperimentato che Gesù è l'unico Maestro: perchè solo Lui ci insegna ad essere uomini in questo mondo (cfr Tt 2,11-12); devono aver sperimentato che Gesù è davvero Salvatore perchè solo Lui solleva dal peccato e da ogni non-senso! Un testimone di Cristo è questo! Uno che, se ha sperimentato esistenzialmente tutto quello che dicevamo, avrà il coraggio di brillare nelle tenebre e fra l'incredulità del mondo con una parola forte ma mai arrogante, con la caparbia volontà di pagare un prezzo per essere uomo come Gesù ci ha raccontato, perchè Gesù sia così conosciuto ed amato. Il testimone sa che solo se Gesù lo si conosce e si ama la vita assume un sapore ed una bellezza senza confini!
C'è dunque un' epifania che può avvenire solo attraverso la nostra testimonianza!
Lo dobbiamo sapere e come Chiesa e come singoli credenti! Se Gesù non lo manifestiamo noi nessuno lo farà!

p. Fabrizio
Fonte:http://www.monasterodiruviano.it/

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