FIGLIE DELLA CHIESA,Lectio "Io sono la risurrezione e la vita"

V Domenica di Quaresima
(Anno A)
Antifona d'ingresso
Fammi giustizia, o Dio, e difendi la mia causa 
contro gente senza pietà; 
salvami dall’uomo ingiusto e malvagio, 
perché tu sei il mio Dio e la mia difesa. (Sal 43,1-2) 

Colletta
Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso, 
perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità, 
che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi. 

PRIMA LETTURA (Ez 37,12-14)
Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete.
Dal libro del profeta Ezechièle

Così dice il Signore Dio: «Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele.
Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio.
Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio. 

SALMO RESPONSORIALE (Sal 129)
Rit: Il Signore è bontà e misericordia. 
Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica. Rit:

Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore. Rit:

Io spero, Signore.
Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
L’anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all’aurora. Rit:

Più che le sentinelle l’aurora,
Israele attenda il Signore,
perché con il Signore è la misericordia
e grande è con lui la redenzione.
Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe. Rit:

SECONDA LETTURA (Rm 8,8-11) 
Lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi. 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 

Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio.
Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. 
Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. 

Canto al Vangelo (Gv 11,25.26) 
Lode e onore a te, Signore Gesù!
Io sono la risurrezione e la vita, dice il Signore,
chi crede in me non morirà in eterno.
Lode e onore a te, Signore Gesù! 

VANGELO (Gv 11,1-45 (forma breve: Gv 11,3-7.17.20) 
Io sono la risurrezione e la vita 
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».
All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». 
Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. 
Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

Preghiera sulle offerte
Esaudisci, Signore, le nostre preghiere: 
tu che ci hai illuminati con gli insegnamenti della fede, 
trasformaci con la potenza di questo sacrificio. 

PREFAZIO 
La risurrezione di Lazzaro segno della Pasqua. 

È veramente cosa buona e giusta, 
nostro dovere e fonte di salvezza, 
rendere grazie sempre e in ogni luogo 
a te, Signore, Padre santo, 
Dio onnipotente ed eterno, 
per Cristo nostro Signore. 
Vero uomo come noi, egli pianse l’amico Lazzaro; 
Dio e Signore della vita, lo richiamò dal sepolcro; 
oggi estende a tutta l’umanità la sua misericordia, 
e con i suoi sacramenti 
ci fa passare dalla morte alla vita. 
Per mezzo di lui ti adorano 
le schiere degli angeli e dei santi 
e contemplano la gloria del tuo volto. 
Al loro canto concedi, Signore, 
che si uniscano le nostre voci 
nell’inno di lode: Santo... 

Antifona di comunione
“Chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno”, 
dice il Signore. (Gv 11,26) 

Preghiera dopo la comunione
Dio onnipotente, concedi a noi tuoi fedeli 
di essere sempre inseriti come membra vive nel Cristo, 
poiché abbiamo comunicato al suo corpo e al suo sangue. 

Lectio
Il tema centrale di questa Domenica è la resurrezione di Lazzaro, l'amico di Gesù. Il vangelo comincia e termina con Lazzaro ma al centro pone Cristo Signore che é la Resurrezione e la Vita. Questo racconto mostra con forza espressiva il dominio di Gesù sulla morte, nel momento stesso in cui questa sta per prendere potere su di lui.
Questo è l'ultimo dei sette miracoli di Gesù nel vangelo di Giovanni ed é preludio alla Resurrezione di Gesù; qui viene ribadita nuovamente la missione che Gesù ha ricevuto dal Padre assicurando ancora i discepoli che il loro Dio non é il dio dei morti, ma dei vivi. 
La resurrezione di Lazzaro non é l'unica resurrezione, poiché i Sinottici narrano quella della figlia di Giairo, il capo della sinagoga (Mt 9,18-26; Mc 5,21-43; Lc 8,40-56), e Luca anche quella del figlio unico della vedova di Naim (7,11-17). La resurrezione é la più completa manifestazione del Regno che viene, poiché recupera al Regno di Dio gli uomini (che a tale Regno appartengono) che la Morte, dietro cui vi é "il Male", "il Maligno", "il nemico", unica personificazione, tenta di far diventare sua preda.
Il miracolo della resurrezione di Lazzaro é un segno da interpretare alla luce dei vv. 4 e 40: la manifestazione della gloria di Dio. (Gv 11,4: Questa malattia non é per la morte, ma per la gloria di Dio.) - (Gv 11,40: Se credi, vedrai la gloria di Dio.).
Con questo prodigio Gesù rivela di essere la Resurrezione e la Vita, non solo proclamando questa verità (v. 25), ma richiamando dai morti l'amico che giaceva nella tomba già da quattro giorni.

vv.1-2: Il brano inizia parlandoci di Lazzaro di Betania, Maria e Marta. La presenza delle due donne ci richiama la memoria all'unico luogo dove conosciamo le due sorelle (Lc 10,38-42), dove Marta appare come capofamiglia, e non si menziona Lazzaro.
“Betania” si trova a meridione di Gerusalemme, distante circa 3 Km. (v. 18), diversa dalla Betania al di là del Giordano dove lo stesso Giovanni ci racconta che Gesù ricevette il Battesimo dal Battista (cf. Gv 1,28). 
Lazzaro noto solo al quarto evangelista é ricordato anche nei brani immediatamente seguenti (Gv 12,1s. 17.); sicuramente era benestante (poté offrire una cena al maestro, Gv 12,1ss) e stimato (infatti i giudei erano presenti per il suo funerale), non può essere identificato con il personaggio della parabola di Lc 16,19-31.

v.3: “Quello che tu ami”: (tradotto con il tuo amico): nel testo viene utilizzato il verbo "phileo", che indica “l'amore d'amicizia”. Gesù risponde al v. 5 con un verbo più pregnante “agapao” che nel N.T. viene usato sovente per indicare l'amore di Dio per gli uomini. E' ancora con questo stesso amore che siamo chiamati a corrispondere (cf. Gv 21,15ss).

v.4: Qui Gesù riprende a parlare della sua missione, con una risposta inizialmente incomprensibile per i discepoli. L'affermazione solenne di Gesù, simile alla risposta sulla causa della malattia del cieco nato é la chiave per inquadrare e comprendere da un punto di vista teologico la resurrezione di Lazzaro.
“Ma per la gloria di Dio”: non significa semplicemente “perché sia glorificato il Signore”, ma per rivelare la potenza salvifica di Dio nel Figlio, affinché egli sia glorificato.
La gloria del figlio é infatti la gloria del Padre ( cf. Gv 5,23; 17,1.4-5).

vv.5-6: Pur manifestando il suo amore per i tre fratelli (lo comprese anche la folla, v. 36) non si precipita al capezzale di Lazzaro morente, ma "si trattenne" due giorni nel luogo dove si trovava.
Il comportamento ha dell'incredibile, ma rivela un motivo superiore; del resto così aveva agito per la festa delle Capanne (7,6.8).
Era necessario, come si sa, per il seguito degli eventi. Quando Gesù decide di intervenire dalla Galilea a Betania, manifesta ai discepoli incerti che si deve procedere alla Luce di questo mondo, che é Lui (cf. v. 10).

vv.7-10: Deciso ora a partire convoca i discepoli, che stupiti e timorosi gli ricordano il pericolo cui va incontro. I capi infatti per ben due volte avevano minacciato di lapidarlo (cf. Gv 8,59; 10,31 e 39).
Gesù coglie l'occasione per ribadire diversi concetti: quello del "giorno" e quello del "sonno", metafore usate per indicare rispettivamente la vita e la morte. 
La breve parabola del giorno é analoga a quella che Gesù pronuncia prima della guarigione del cieco nato: Gesù paragona la sua vita terrena ad una giornata di 12 ore (si richiama il computo delle ore nella Palestina al tempo di Gesù).
Il detto del v. 10 é facilmente interpretabile se consideriamo Cristo la Luce vera: l'occhio da solo non può vedere; chi si ostina nelle tenebre dell'incredulità inciampa perché la fede non é in lui ( cf. Mt 6,22-23).

vv.11-13: I discepoli non comprendono la metafora del "sonno" perciò l'evangelista spiega che Gesù parlava del sonno della morte: per il Figlio di Dio la morte é un semplice sonno. Il Cristo con una parola può svegliare da questo stato e ridonare la vita.
Gesù tralascia di spiegare l'equivoco dei discepoli sul sonno-morte poiché saranno essi stessi testimoni.

vv.14-16: Gesù ci ripensa e torna sull'argomento spiegando che Lazzaro é morto e che la sua felicità non é per la morte ma per la fede dei discepoli che seguirà alla resurrezione.
Tommaso, proprio lui che dubiterà della resurrezione stessa del Signore, intuisce che si tratta di qualcosa di importante e si lancia con generosità ed esorta gli altri discepoli, pur evidentemente convinto che rientrare a Gerusalemme metterà in pericolo la loro vita. 

vv.17-20: Gesù giunge a Betania dopo che Lazzaro é ormai morto da ben quattro giorni.
L'osservazione del tempo trascorso, dal momento della morte riveste grande importanza nell'economia del segno: la speranza della resurrezione “al terzo giorno”, come annunciava la profezia (cf. Os 6,1-2), é svanita per sempre.
Secondo la mentalità giudaica, nel quarto giorno dalla morte l'anima lasciava definitivamente il cadavere, mentre si riteneva che nei primi tre giorni aleggiasse ancora attorno al corpo privo di vita.
Nessuno poteva quindi dubitare della morte vera di Lazzaro; il suo cadavere infatti iniziava già a decomporsi (v. 39).
La narrazione adesso si concentra sui due incontri di Gesù con Marta e poi con Maria; Marta é attiva come al solito, Maria sta seduta in casa (é la conferma di Lc 10,38-42).
Da ricordare tuttavia che il costume voleva che le donne tenessero compagnia agli ospiti, in casa, sedendo per terra in segno di lutto; il lamento funebre si svolgeva all’aperto, nel cortile, non dentro casa, dove invece si osservava un completo silenzio.

vv.21-24: Marta alla presenza di Gesù sfoga il suo dolore; quasi lo aggredisce, sia pure con rispetto; lo chiama infatti Signore e riconosce con fede incrollabile la potenza del Maestro, anche se non osa chiedere il miracolo.
Gesù la rassicura, ma la risposta della donna evidenzia l'equivoco giocato dal futuro “risusciterà”: Gesù lo intende come un evento di prossima realizzazione, mentre Marta lo riferisce all'ultimo giorno della storia (coerentemente con quanto dicevano le scritture: cf. il già citato Os 6,1-2; Ez 37,1-14 la 1a lett.; Dn 12,2-3). 

vv.25-27: Comprendendo l'errore della donna Gesù proclama esplicitamente: “Io sono la Resurrezione e la Vita...”. L' “Io sono” è la formula della divinità, che rimanda ad Es 3,14.
Gesù sollecita la fede, sapendo che Marta risponderà positivamente. E la risposta, puntuale e pronta, é completa: ho creduto e continuo a credere che “Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, il Veniente nel mondo”.

vv.28-34: Segue l'incontro con Maria, l'altra sorella e con la folla dei giudei. Ancora un equivoco dà modo a Gesù di annunziare la salvezza a molta più gente.
Marta avvisa in gran segreto la sorella della presenza di Gesù, perciò i giudei presenti in casa non capirono la ragione vera dell'allontanamento di Maria. Essi pensarono che andasse al sepolcro per piangere sulla tomba del fratello, perciò la seguirono. Maria come il cieco illuminato, come Giàiro (Mc 5,22), il lebbroso samaritano (Lc 17,16), cade ai piedi di Gesù per adorarlo, perché riconosce in lui il Cristo.

vv.35-37: Giovanni annota la reazione di Gesù che vede Maria e gli amici nel pianto: “fremé nello Spirito e fu sconvolto” 
E' uno sconvolgimento, un turbamento interiore di fronte all'incredulità dei giudei (Mc 8,12), alla poca fede di Maria; è lo stesso turbamento che proverà nell'ultima cena prima di annunziare che uno dei discepoli lo tradirà (cf. Gv 13,21). La partecipazione al dolore delle sorelle e degli amici, ed allo stesso dramma di Lazzaro, travolge per intero il Signore.
Il pianto del Signore suscita reazioni contrastanti: alcuni giudei si accorgono dell'amore (phileo) di Gesù per Lazzaro, altri sarcasticamente sottolineano che il guaritore del cieco nato avrebbe potuto evitare la morte di Lazzaro.

vv.38-44: L'osservazione di Marta ottiene lo scopo di sottolineare la grandiosità del miracolo.
“Togliete”: l’imperativo aoristo positivo ordina di dare inizio a un’azione nuova.
“Gesù alzò gli occhi e disse”: é l'azione sacerdotale, cfr. anche Gv 17,1; Mc 7,34; Mt 14,19, e la preghiera intensa.
E' un rendimento di grazie, forse strano perché elevato prima che avvenga il fatto; Gesù lo vede come già avvenuto!
“gridò a gran voce”: Gesù aveva preannunciato che i dormienti nel sepolcro avrebbero ascoltato la voce del Padre, che é il Figlio (cf. Gv 5,28-29), adesso uno solo, poi tutti i dormienti.
La voce é così potente che “il morto” esce con ancora avvolto le mani e i piedi da bende, e con il sudario sul volto.
“scioglietelo”: di nuovo l’imperativo aoristo positivo ordina di dare inizio a un’azione nuova.
Il miracolo é compiuto e la scena termina come sospesa nel vuoto, senza ulteriori dettagli.
Tutto rimane immortalato nella solennità, come di solito accade nei vangeli. Con la resurrezione di Lazzaro la Chiesa può adesso inoltrarsi, non senza trepidazione di cuore, con canti ed inni, a celebrare il medesimo Signore glorioso nell'ingresso a Gerusalemme, nell'ignominia della morte alla Croce, nella Gloria della Resurrezione nella Domenica dei grandi Misteri.

Appendice
La risurrezione di Lazzaro
Il Signore e Salvatore nostro Cristo Gesù ha certo manifestato la potenza della sua divinità con numerosi segni e con miracoli di ogni specie, ma particolarmente alla morte di Lazzaro, come avete appena udito, carissimi, nella presente lettura, mostrando di essere colui del quale era stato scritto: "Il Signore della potenza é con noi, nostra rocca é il Dio di Giacobbe" (Sal 45,8). Questi miracoli, il Signore e Salvatore nostro li ha operati sotto due aspetti: materiale e spirituale, cioè producendo un effetto visibile e un altro invisibile, manifestando per mezzo dell`effetto visibile la sua invisibile potenza. Prima, con un`opera visibile, rese al cieco nato la vista della luce (cf. Gv 9,1-38) per illuminare con la luce della sua conoscenza, per mezzo della sua invisibile potenza, la cecità dei Giudei. Nella presente lettura, egli rese la vita a Lazzaro che era morto (cf. Gv 11,1-44), al fine di risuscitare dalla morte del peccato alla vita i cuori increduli dei Giudei. Di fatto molti Giudei credettero a Cristo Signore a causa di Lazzaro: riconobbero nella sua risurrezione una manifestazione della potenza del Figlio di Dio, poiché comandare alla morte in forza della propria potenza non rientra fra le capacità della condizione umana, ma é proprio della natura divina. Leggiamo invero che anche gli apostoli hanno risuscitato dei morti, ma essi hanno implorato il Signore perché li risuscitasse (cf. At 9,40; 20,9-12); essi li hanno sì risuscitati, non però con le loro forze, o per virtù propria, ma dopo aver invocato il nome di Cristo che comanda alla morte e alla vita: il Figlio di Dio invece ha risuscitato Lazzaro per virtù propria. Infatti appena il Signore disse: "Lazzaro, vieni fuori" (Gv 11,43), quegli uscì subito dal sepolcro: la morte non poteva trattenere colui che veniva chiamato dalla Vita. Il fetore della tomba era ancora nelle narici dei presenti allorché Lazzaro era già in piedi e vivo. La morte non attese di sentirsi ripetere il comando dalla voce del Salvatore, perché essa non era in grado di resistere alla potenza della Vita; e pertanto a una sola parola del Signore la morte fece uscire dal sepolcro il corpo di Lazzaro e la sua anima dagli inferi, così tutto Lazzaro uscì vivo dal sepolcro, dove non era completo ma solo col suo corpo. Ci si risveglia più lentamente dal sonno che non Lazzaro dalla morte. Il fetore del cadavere era ancora nelle narici dei Giudei che già Lazzaro stava in piedi e vivo. Ma consideriamo ora l`inizio della stessa lettura.
Il Signore disse dunque ai suoi discepoli, come avete udito carissimi, nella presente lettura: "Lazzaro, l`amico nostro, dorme ma io vado a risvegliarlo" (Gv 11,11). Il Signore disse bene. "Lazzaro, l`amico nostro, dorme," perché in realtà egli stava per risuscitarlo da morte come da un sonno. Ma i discepoli, ignorando il significato delle parole del Signore, gli dicono: "Signore, se dorme, guarirà" (Gv 11,12). Allora in risposta "disse loro chiaro: Lazzaro é morto, ma sono contento per voi di non essere stato là affinché crediate" (Gv 11,14-15). Se il Signore qui afferma di rallegrarsi per la morte di Lazzaro in vista dei suoi discepoli, come si spiega che in seguito pianse sulla morte di Lazzaro? (cf. Gv 11,35). Occorre, al riguardo, badare al motivo della sua contentezza e delle sue lacrime. Il Signore si rallegrava per i discepoli, piangeva per i Giudei. Si rallegrava per i discepoli, perché con la risurrezione di Lazzaro egli sapeva di confermare la loro fede nel Cristo; ma piangeva per l`incredulità dei Giudei, perché neppure di fronte a Lazzaro risorto avrebbero creduto a Cristo Signore. O forse il Signore pianse per cancellare con le sue lacrime i peccati del mondo. Se le lacrime versate da Pietro poterono lavare i suoi peccati, perché non credere che i peccati del mondo siano stati cancellati dalle lacrime del Signore? In effetti, dopo il pianto del Signore, molti fra il popolo dei Giudei credettero. La tenerezza della bontà del Signore vinse in parte l`incredulità dei Giudei e le lacrime da lui teneramente versate addolcirono i loro cuori ostili. E forse per questo la presente lettura ci riferisce l`uno e l`altro sentimento del Signore, cioè la sua gioia e il suo pianto, perché "chi semina nelle lacrime", com’è scritto, "mieterà nella gioia" (Sal 125,5). Le lacrime del Signore sono dunque la gioia del mondo: infatti per questo egli versò lacrime, perché noi meritassimo la gioia. Ma ritorniamo al tema. Disse dunque ai suoi discepoli: "Lazzaro, l`amico nostro, é morto; ma io sono contento per voi di non essere stato là, affinché crediate". Rileviamo anche qui un mistero: come il Signore può dire di non essere stato là [dove Lazzaro era morto]? Infatti quando dice chiaramente: "Lazzaro é morto" dimostra all`evidenza di essere stato lì presente. Né il Signore avrebbe potuto parlare così, dal momento che nessuno l`aveva informato, se non fosse stato lì presente. Come il Signore poteva non essere presente nel luogo dove Lazzaro era morto, lui che abbraccia con la sua divina maestà ogni regione del mondo? Ma anche qui il Signore e Salvatore nostro manifesta il mistero della sua umanità e della sua divinità. Egli non si trovava lì con la sua umanità, ma era lì con la sua divinità, perché Dio é in ogni luogo.
Quando il Signore giunse da Maria e da Marta, sorelle di Lazzaro, alla vista della folla dei Giudei, chiese: "Dove l`avete messo?" (Gv 11,34). Forse che il Signore poteva ignorare dove era stato posto Lazzaro, lui che, sebbene assente, aveva preannunciato la morte di Lazzaro e che con la maestà del suo essere divino é presente dappertutto? Ma il Signore, così facendo, si attenne a un`antica sua consuetudine. Infatti, allo stesso modo chiese ad Adamo: "Adamo, dove sei?" (Gen 3,9). Egli interrogò Adamo non perché ignorava dove si trovasse, ma perché Adamo confessasse il suo peccato con le proprie labbra e potesse così meritarne il perdono. Interrogò anche Caino: "Dov`é tuo fratello Abele"? ed egli rispose: "Non so" (Gen 4,9). Dio non interrogò Caino quasi che non sapesse dove si trovava Abele, ma per potergli imputare, sulla base della sua risposta negativa il delitto commesso contro il fratello. Di fatto Adamo ebbe il perdono perché confessò il peccato commesso al Signore che lo interrogava; Caino invece fu condannato alla pena eterna, perché negò il suo delitto. Così anche nel nostro caso, quando il Signore chiede: "Dove l`avete messo?" non pone la domanda quasi che ignori dove sia stato sepolto Lazzaro, ma perché la folla dei Giudei lo segua fino al suo sepolcro e, constatando nella risurrezione di Lazzaro la divina potenza di Cristo, essi divengano testimoni contro sé stessi qualora non credano a un miracolo così grande. Infatti il Signore aveva loro detto in precedenza: "Se non credete a me, credete almeno alle mie opere e sappiate che il Padre é in me e io sono in lui" (Gv 10,38). Quando poi giunse presso il sepolcro, disse ai Giudei che stavano intorno: "Levate via la pietra" (Gv 11,39). Che dobbiamo dire? Forse che il Signore non poteva rimuovere la pietra dal sepolcro con un semplice comando, lui che, con la sua potenza, ha rimosso le sbarre degli inferi? Ma il Signore ha ordinato agli uomini di fare ciò che era nelle loro possibilità; ciò che invece appartiene alla virtù divina, lo ha manifestato con la propria potenza. Infatti rimuovere la pietra dal sepolcro é possibile alle forze umane, ma richiamare un`anima dagli inferi é solo in potere di Dio. Ma, se l`avesse voluto, avrebbe potuto rimuovere facilmente la pietra dal sepolcro con una sola parola chi con la sua parola creò il mondo.
Quand’ebbero dunque rimosso la pietra dal sepolcro, il Signore disse a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori", dimostrando così di essere colui del quale era stato scritto: "La voce del Signore é potente, la voce del Signore é maestosa" (Sal 28,4), e ancora: "Ecco che darà una voce forte alla sua potenza" (Sal 67,34). Questa voce che ha subito richiamato Lazzaro dalla morte alla vita é veramente una voce potente e maestosa, e l`anima fu restituita al corpo di Lazzaro prima che il Signore avesse fatto uscire il suono della sua voce. Sebbene il corpo fosse in un luogo e l`anima in un altro, tuttavia questa voce del Signore restituì subito l`anima al corpo e il corpo obbedì all`anima. La morte infatti fu rimossa alla voce di una così grande potenza. E nulla di strano, certamente, che Lazzaro sia potuto risorgere per una sola parola del Signore, quando ha dichiarato egli stesso nel Vangelo che quanti sono nei sepolcri risorgeranno alla sola e unica parola, dicendo: "Viene l`ora in cui i morti ascolteranno la voce del Figlio di Dio e risorgeranno" (Gv 5,25). Senza dubbio, all`udire la parola del Signore, la morte avrebbe potuto allora lasciar liberi tutti i morti, se non avesse capito che era stato chiamato soltanto Lazzaro. Dunque, quando il Signore disse: "Lazzaro, vieni fuori, subito egli uscì legato piedi e mani e la faccia ravvolta in un sudario" (Gv 11,44). Che diremo qui ancora? Forse che il Signore non poteva spezzare le bende nelle quali Lazzaro era stato sepolto, lui che aveva spezzato i legami della morte? Ma qui il Signore e Salvatore nostro manifesta nella risurrezione di Lazzaro la duplice potenza della sua operazione per tentare d`infondere almeno così la fede nei Giudei increduli. Infatti non desta minor meraviglia veder Lazzaro poter camminare a piedi legati che vederlo risuscitare dai morti. (Cromazio di Aquileia, Sermo 27, 1-4)

Le lacrime del Signore
Egli andò per trarre fuori il morto dal sepolcro e interrogò: "Dove lo avete deposto? E comparvero le lacrime sugli occhi di Nostro Signore" (Gv 11,34-35), le sue lacrime furono come la pioggia, e Lazzaro come il grano, e il sepolcro come la terra. Egli gridò con voce di tuono e la morte tremò alla sua voce; Lazzaro si erse come il grano, uscì fuori e adorò il Signore che lo aveva risuscitato. (Efrem, Diatessaron, 17, 7)

Era necessaria la morte di Lazzaro perché con Lazzaro già sepolto tornasse in vita la fede dei discepoli.
Lazzaro tornato dall'oltretomba ci viene incontro, per insegnarci come vincere la morte con l'esempio della sua risurrezione. Prima di esaminare in profondità questo avvenimento, osserviamo il fatto esterno della sua risurrezione, riconoscendo che questo é il più straordinario dei miracoli, la massima manifestazione di potenza, la più grande delle meraviglie.
Il Signore aveva risuscitato la figlia di Giàiro, capo della Sinagoga, semplicemente restituendo la vita alla fanciulla ma senza varcare i confini dell'oltretomba. Risuscitò anche l'unico figlio della madre di Naim; ma fermò il feretro anticipando i tempi sul sepolcro, sì da prevenire il corso della corruzione: rese la vita al morto prima che la morte avesse fatto in tempo a ghermirlo del tutto e a rivendicare in pieno tutti i suoi diritti.
Ciò che operò in Lazzaro, invece, é del tutto singolare, poiché la sua morte e la sua risurrezione non hanno nulla di comune con gli esempi già ricordati. In lui la morte ha operato con tutta la sua potenza. E il modo della sua risurrezione é quasi un'anticipazione di quella del Signore; se non che, Cristo é ritornato in vita dopo tre giorni, come Signore, Lazzaro invece é richiamato dopo quattro giorni, come servo. Per provare quanto abbiamo detto, esaminiamo altri punti del passo evangelico.
“Le sorelle mandarono dunque a dirgli: Signore, ecco, il tuo amico é malato” (Gv 11,3). Così dicendo eccitano l’affetto, sollecitano l'amore, si appellano alla carità, cercano di stimolare l'amicizia mostrando la necessità. Ma Cristo, a cui più importa vincere la morte che allontanare la malattia, e il cui amore si manifesta non risanando l'amico, ma richiamandolo dalla morte alla vita, non gli offre un rimedio per il male, ma gli prepara subito la gloria della risurrezione.
E per di più, “quand'ebbe sentito che Lazzaro era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava” (Gv 11,6). Vedete come concede alla morte il tempo di agire, al sepolcro la libertà di operare; lascia alla corruzione tutto il suo potere, senza impedire neanche la putrefazione e il fetore; concede che gli inferi conquistino, travolgano, posseggano; in una parola, egli fa in modo che svanisca completamente la speranza umana e abbia il sopravvento con tutta la sua forza la terrena disperazione, affinché ciò che sta per fare sia un segno divino e non umano.
Resta nel luogo dove si trova nell'attesa della morte, fino a quando può annunziare egli stesso che Lazzaro é morto e insieme dichiarare che andrà da lui. “Lazzaro é morto egli dice - e io sono contento” (Gv 11,14). E questo il modo di amare? Ma Cristo godeva “per voi”; e perché per voi? Perché la morte e risurrezione di Lazzaro raffigurava precisamente la morte e risurrezione del Signore; e ciò che stava per avvenire in lui era anticipato nel servo. Era dunque necessaria la morte di Lazzaro, perché assieme a Lazzaro sepolto risorgesse anche la fede dei discepoli. (San Pietro Crisologo, vescovo, Disc 63)

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Il Vangelo di questa quinta domenica di Quaresima ci narra la risurrezione di Lazzaro. E’ il culmine dei “segni” prodigiosi compiuti da Gesù: è un gesto troppo grande, troppo chiaramente divino per essere tollerato dai sommi sacerdoti, i quali, saputo il fatto, presero la decisione di uccidere Gesù (cfr Gv 11,53).
Lazzaro era morto già da tre giorni, quando giunse Gesù; e alle sorelle Marta e Maria Egli disse parole che si sono impresse per sempre nella memoria della comunità cristiana. Dice così Gesù: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno» (Gv 11,25). Su questa Parola del Signore noi crediamo che la vita di chi crede in Gesù e segue il suo comandamento, dopo la morte sarà trasformata in una vita nuova, piena e immortale. Come Gesù è risorto con il proprio corpo, ma non è ritornato ad una vita terrena, così noi risorgeremo con i nostri corpi che saranno trasfigurati in corpi gloriosi. Lui ci aspetta presso il Padre, e la forza dello Spirito Santo, che ha risuscitato Lui, risusciterà anche chi è unito a Lui.
Dinanzi alla tomba sigillata dell’amico Lazzaro, Gesù «gridò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori!”. E il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario» (vv. 43-44). Questo grido perentorio è rivolto ad ogni uomo, perché tutti siamo segnati dalla morte, tutti noi; è la voce di Colui che è il padrone della vita e vuole che tutti «l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Cristo non si rassegna ai sepolcri che ci siamo costruiti con le nostre scelte di male e di morte, con i nostri sbagli, con i nostri peccati. Lui non si rassegna a questo! Lui ci invita, quasi ci ordina, di uscire dalla tomba in cui i nostri peccati ci hanno sprofondato. Ci chiama insistentemente ad uscire dal buio della prigione in cui ci siamo rinchiusi, accontentandoci di una vita falsa, egoistica, mediocre. «Vieni fuori!», ci dice, «Vieni fuori!». E’ un bell’invito alla vera libertà, a lasciarci afferrare da queste parole di Gesù che oggi ripete a ciascuno di noi. Un invito a lasciarci liberare dalle “bende”, dalle bende dell’orgoglio. Perché l’orgoglio ci fa schiavi, schiavi di noi stessi, schiavi di tanti idoli, di tante cose. La nostra risurrezione incomincia da qui: quando decidiamo di obbedire a questo comando di Gesù uscendo alla luce, alla vita; quando dalla nostra faccia cadono le maschere - tante volte noi siamo mascherati dal peccato, le maschere devono cadere! - e noi ritroviamo il coraggio del nostro volto originale, creato a immagine e somiglianza di Dio.
Il gesto di Gesù che risuscita Lazzaro mostra fin dove può arrivare la forza della Grazia di Dio, e dunque fin dove può arrivare la nostra conversione, il nostro cambiamento. Ma sentite bene: non c’è alcun limite alla misericordia divina offerta a tutti! Non c’è alcun limite alla misericordia divina offerta a tutti! ricordatevi bene questa frase. E possiamo dirla insieme tutti: “Non c’è alcun limite alla misericordia divina offerta a tutti”. Diciamolo insieme: “Non c’è alcun limite alla misericordia divina offerta a tutti”. Il Signore è sempre pronto a sollevare la pietra tombale dei nostri peccati, che ci separa da Lui, la luce dei viventi. (Papa Francesco, Angelus del 6 aprile 2014)
Fonte:http://www.figliedellachiesa.org/

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