#PANEQUOTIDIANO,» «Gesù partì per la Galilea

La Liturgia di Lunedi 27 Marzo 2017  VANGELO (Gv 4,43-54) Commento:Rev. D. Ramon Octavi SÁNCHEZ i Valero (Viladecans, Barcelona, Spagna)
In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un
profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa.
Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire.
Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino.
Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia.
Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.
Parola del Signore
«Gesù partì per la Galilea»
Rev. D. Ramon Octavi SÁNCHEZ i Valero 
(Viladecans, Barcelona, Spagna)
Oggi, nuovamente troviamo Gesù a Cana di Galilea, dove aveva realizzato il conosciuto miracolo della conversione dell’acqua in vino. Adesso, in questa occasione, fa un nuovo miracolo: la guarigione del figlio di un funzionario reale. Sebbene il primo sia stato spettacolare, questo è, senza dubbio, di maggior valore, perché, quello che si risolve con il miracolo, non è un qualcosa di materiale, ma si tratta della vita di una persona.

Ciò che attira la nostra attenzione in questo nuovo miracolo è che Gesù agisce a distanza, non va direttamente a Cafàrnao per guarire direttamente l’ammalato, ma, senza muoversi da Cana, rende possibile la guarigione: «Il funzionario del re gli disse:”Signore, scendi prima che il mio bambino muoia” Gesù gli rispose: “Va’, tuo figlio vive» (Gv 4,49-50).

Questo ricorda a tutti noi che possiamo fare molto bene anche a distanza, cioè, senza bisogno di essere presenti sul posto dove si richiede la nostra generosità. Così, per esempio, aiutiamo il Terzo Mondo collaborando economicamente attraverso i nostri missionari o per mezzo di organizzazioni cattoliche che ivi lavorano. Aiutiamo i poveri delle zone marginate delle grandi città con i nostri contributi attraverso istituzioni, quale `Caritas´, senza bisogno di andare per le loro strade. O, perfino, possiamo effondere allegria a tanta gente, molto lontana da noi, con una telefonata, una lettera o la posta elettronica.

Tante volte ci esimiamo dal fare il bene perché non abbiamo la possibilità di trovarci in quei posti dove ci sono necessità urgenti. Gesù non si scusò perché non era a Cafárnao, ma realizzò il miracolo.

La lontananza non presenta nessuna difficoltà al momento di essere generoso, perché la generosità parte dal cuore e oltrepassa tutte le frontiere. Come direbbe sant’Agostino: «Chi ha carità nel cuore, trova sempre qualcosa da dare».

La voce del massimo Vate d'Italia

Dante Alighieri, nella Divina Commedia, dopo aver confessato la sua fede davanti a S. Pietro, la descrive come una "favilla
che si dilata in fiamma poi vivace
e come stella in cielo in me scintilla"
(Paradiso XXIV. 145-147).
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