Carla Sprinzeles Ascensione del Signore (Anno A) (28/05/2017)

Commento su Atti 1,1-11; Matteo 28,16-20
Carla Sprinzeles
Ascensione del Signore (Anno A) (28/05/2017)
Vangelo: Mt 28,16-20 
Amici,, oggi è la festa dell'interiorità, del cielo che abbiamo dentro.

Noi in ogni gesto che facciamo riveliamo noi stessi: la volontà di apparire, di richiamare l'attenzione degli altri o la volontà di offrire doni di vita e di accogliere il dono che gli altri ci offrono. Guardiamo dove siamo sintonizzati, con la parola di Dio in noi, oppure con la stima che gli altri hanno di noi, che noi ricerchiamo per apparire, per emergere, per imporci agli altri.
L'ultimo saluto che Gesù ha dato ai suoi discepoli è sul monte, quello degli ulivi, secondo il racconto di Luca, o il monte della Galilea, secondo il Vangelo di Matteo. Il monte rappresenta il punto dove la terra tocca il cielo, il luogo dove Gesù ci consegna la missione da svolgere sulla terra, per essere testimoni del suo amore misericordioso, di quella forza che viene ogni volta che ci affidiamo a lui. Celebrando l'ascensione del Signore, celebriamo un evento che avviene continuamente. Riguardo agli apostoli, ai discepoli di Gesù è stata l'ultima esperienza di incontro, che hanno avuto con il loro Maestro, per iniziare una nuova relazione con la presenza dello Spirito.
"Mi è stato dato ogni potere..andate dunque e fate miei discepoli tutte le genti".
Questa potenza non è qualcosa che trasforma immediatamente le persone. Il cambiamento delle persone avviene lentamente. L'immagine della montagna da salire per incontrare il Signore, per vederlo, è l'immagine del cammino faticoso da compiere, che dev'essere continuato sempre. Anche se ci sono momenti in cui la luce risplende, l'orizzonte si allarga e il cammino è da riprendere.
"Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta. Ma avrete forza", cioè: avrete energia per continuare il cammino. "Non spetta a voi": avevano fretta di arrivare subito al traguardo. Il cammino è da percorrere.
ATTI 1, 1-11
All'inizio degli Atti degli Apostoli, Luca ha posto il racconto dell'ascensione di Gesù. Luca rimarca fin dall'inizio la consapevolezza della comunità cristiana di essere raccolta attorno a colui che è il Vivente. La comunità è mossa dalla scelta divina, illuminata dallo Spirito Santo. Luca sintetizza il tempo delle apparizioni pasquali come un momento di istruzione, affinché si aprano a una comprensione diversa del regno di Dio, non più pensato in termini politici. I "quaranta giorni" rimandano al tempo del cammino d'Israele nel deserto. Indicano un cammino di conversione abbandonando i loro schemi umani per aderire ai progetti di Dio.
"Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l'adempimento della promessa del Padre." La promessa del Padre è essere rivestiti del dono dello Spirito, poiché senza lo Spirito la loro testimonianza sarebbe vana e i loro sforzi infecondi. E' lo Spirito che introduce nell'autentica realtà del Regno. In questo senso devono attendere il loro battesimo con lo Spirito Santo. Per mostrare la novità incomparabile del dono che riceveranno, Luca pone sulla bocca del Risorto un confronto tra il battesimo di acqua praticato da Giovanni il Battista e quello nello Spirito, di cui saranno beneficiari nei tempi voluti dal Padre. La comunità del Risorto deve rimanere nell'atteggiamento di attesa, di affidamento pieno al volere divino, senza calcoli, previsioni, valutazioni di opportunità. La promessa dello Spirito riguarda anche un dono di potere, diverso da quello che aspirano gli uomini, esso sarà la forza che li renderà testimoni in ogni circostanza, superando ogni fragilità e inadeguatezza.
Dicendo che Gesù è stato elevato in alto, Luca afferma che il Risorto partecipa della piena vita divina, non ha più bisogno di una presenza visibile per entrare in relazione con i suoi discepoli. Per questo il messaggero divino invita i discepoli a non rimanere a guardare in alto come se Gesù si fosse allontanato, dando adito alla nostalgia. Al contrario, il suo essersi sottratto ai loro sguardi permetterà loro di esperimentarne la misteriosa presenza e custodia. Il tempo del discepolo è quello della memoria viva, la memoria di un Vivente, che è costituito Signore. I discepoli dovranno testimoniare la vicenda vissuta con Gesù in Galilea.
Si inaugura il tempo della Chiesa, in cui essa esperimenta l'invisibile presenza del Signore attraverso il dono dello Spirito.
MATTEO 28, 16-20
Il Vangelo ci garantisce che Gesù sarà presente, con noi, fino alla fine del mondo. Il compito a noi affidato è di proclamare il suo messaggio a tutti i popoli. L'orizzonte del Vangelo è ora tutta l'umanità. La fede cristiana non è passiva, ma è cammino di missione nel e per il mondo intero. Tutto è avvenuto in punta di piedi: Cristo è risorto, ma non ha fatto nulla per convincere il mondo che era vivo. La vita quotidiana è ripresa nella normalità. I capi del popolo, dispiaciuti dell'accaduto, hanno soffocato la voce con una bustarella, sembra che non sia cambiato proprio niente. La menzogna, il potere, il denaro, il rifiuto della realtà dettano ancora legge come prima. A che cosa sono servite tante sofferenze sulla croce, tanti segni e parole di Gesù? Come mai il Messia tanto atteso sembra darsi così poco da fare per convincere il mondo dell'avvenimento più importante della storia umana, quale la sua risurrezione?
Egli si fida del bene, pensa che noi siamo capaci di trasmetterlo, come lui ce lo ha trasmesso, attraverso l'amore. Gli è stato dato ogni potere non per comandare ma per immergerci nell'amore del Padre e permetterci di immergere gli altri - è il significato della parola greca "battezzare" - nel bene che è Dio stesso.
Una giovane badessa fu eletta dopo che quella precedente teneva nelle sue mani ogni attività del monastero. Ogni mattina la nuova eletta scompariva nel bosco e lasciava le suore a sbrigare le cose senza occuparsene. Dopo tre anni di critiche, di panico, d'invadenze varie tra gli uffici per sostituire l'assenza di quella madre noncurante, le monache si sono accorte che era nata la creatività, la libertà di assumersi le proprie responsabilità. Aveva allontanato la diffidenza e permesso una collaborazione ricca di stima reciproca.
Cristo si fida del bene. Se la vita è più forte della morte, se il bene è più potente del male, i segni eclatanti non sono necessari, anzi, sarebbero un elemento di debolezza, come se fosse necessario provare la forza e l'esistenza del bene. Credere nella resurrezione è proprio saper scomparire in punta di piedi, saper partire nel bosco per lasciare che le persone scoprano il proprio spazio.
"Andate dunque - dice il Risorto -, attirate tutti alla conoscenza del bene, fidatevi della loro capacità di trasmetterlo a loro modo, forse molto diverso dal vostro, insegnate loro ciò che vi ho comandato: l'amore". Intanto lui è "con noi tutti i giorni", ed è il suo Spirito che ci anima ogni volta che facciamo stare bene i fratelli, ogni volta che sappiamo uscire dalla scena in punta di piedi.
Amici, Gesù asceso al cielo è vicino a ogni uomo e donna di tutti i tempi, di ogni lingua e cultura, non c'è ostacolo, che possa costituire un impedimento insuperabile fra lui e l'umanità, solo il nostro rifiuto potrebbe essere di ostacolo.
Sicuri di questa vicinanza fidiamoci di lui.
Fonte:http://www.qumran2.net

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