DON Tonino Lasconi, "Comandamenti e amore"

VI Domenica di Pasqua - Anno A - 2017
Si può comandare l'amore? Il vangelo di questa VI domenica di Pasqua ci dice di sì, perchè l'amore
vero è un impegno che si traduce in atti concreti di dedizione, fedeltà, servizio.

"Se mi amate, osserverete i miei comandamenti" dice Gesù, e poco dopo ripete: "Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama". Il linguaggio non cambia quando, sempre nel commosso e commovente dialogo – preghiera con i Dodici dopo l'ultima cena, ci comanda di amare i fratelli: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13,34); "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi" (Gv 15,12).

Siamo talmente abituati a sentire queste parole che forse non facciamo più caso a qualcosa che non ci convince in queste parole: l'abbinamento tra comandamento e amore.

Che amore è se è legato all'osservanza di comandamenti?
L'amore non si può imporre, e i comandamenti cosa sono se non imposizioni? Non sarebbe stato più giusto e più bello se Gesù avesse detto: "Amatemi, perché sono bravo, sono bello, sono simpatico, sono forte"? Oppure, semplicemente: "Amatemi!", così il nostro sentimento sarebbe stato spontaneo e perciò più autentico.

No, Gesù non poteva dire parole più giuste di quelle che ha dette. Per capirlo, invece di tanti ragionamenti o del tentativo di mettere in crisi una concezione dell'amore, basato sull'invincibile convinzione dei romantici, degli infatuati dei talkshow televisivi del pomeriggio: "al cuore non si comanda", pensiamo all'amore per la famiglia e dentro la famiglia, all'amore per il lavoro e per la professione, all'amore per i poveri e i malati, pensiamo cioè non a una infatuazione, ma all'amore dono.

Questo non esiste senza impegni concreti. In questo amore i comandamenti sono gesti concreti senza i quali l'amore sfuma e si vanifica. Nella stessa amicizia, cioè nell'amore che richiede una contropartita, la fedeltà, la discrezione, la sincerità cosa sono se non comandamenti. Infatti se questi comportamenti non ci sono, l'amicizia finisce. Perfino nel semplice piacere agli altri come immagine ci sentiamo obbligati a rispettare certe comandamenti, come l'attenzione alla moda e a tutto ciò che fa tendenza.


L'amore che Gesù ci chiede è l'amore dono.

E' l'amore che lui si sta preparando a donare, recandosi nell'orto degli ulivi e poi sulla croce. Questo amore non scatta a simpatia, ma da una scelta consapevole degli impegni e delle difficoltà che esso comporta. Filippo non va in Samaria per una gita di piacere, ma perché deve scappare dalla "violenta persecuzione" scoppiata contro la chiesa di Gerusalemme. Dal momento, però, che ha scelto di amare Gesù, approfitta per far conoscere Gesù ai samaritani.

Nella seconda lettura, l'apostolo Pietro scrive ai cristiani che non vivono la fede tra gli applausi, ma in mezzo a ostilità e difficoltà: "Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non sgomentatevi per paura di loro e non turbatevi, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi".

Adorare è l'amore nella sua accezione più alta. Diventa vero e autentico soltanto nella pratica dei comandamenti. Quando è così diventa una forza che produce segni, non necessariamente come quelli di Filippo in Samaria: "da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti", che creano gioia e fanno interrogare.
Fonte:http://www.paoline.it

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