fr. Massimo Rossi, Ascensione del Signore (Anno A) (28/05/2017)

Commento su Matteo 28,16-20
fr. Massimo Rossi  
Ascensione del Signore (Anno A) (28/05/2017)
Vangelo: Mt 28,16-20 
Il racconto dell'Ascensione narrato da san Luca fa da sutura tra il Vangelo e gli Atti.

E' verosimile pensare che i due libri siano nati come un libro solo: la prima parte - poi denominata Vangelo - racconta la vicende di Gesù di Nazareth; la seconda - gli Atti, appunto - celebra le gesta degli Apostoli - i discorsi, i miracoli, il martirio,... - cioè gli esordi della Chiesa.
Il fatto dell'Ascensione è raccontato secondo canoni cinematografici, effetti speciali compresi; qualcuno commenterebbe: questa è fantascienza! Meglio evitare i commenti e domande del tipo: "dov'è sto Regno dei Cieli: in alto?"; "Dov'era Gesù nei quaranta giorni successivi alla risurrezione?"; sembrano domande puerili, addirittura impertinenti e irrispettose dei Misteri gloriosi, perché ironizzano, banalizzano gli eventi della nostra salvezza,...
In verità, sono domande del tutto lecite e anche appropriate: non vorrei trovarmi nei panni di un'insegnante di catechismo che deve spiegare ai bambini la Risurrezione, l'Ascensione, la Pentecoste...
Potremmo tagliare la testa al toro, limitandoci a restare alla lettera delle Scritture: ma neanche le Scritture sono concordi: per san Giovanni la Pentecoste dello Spirito Santo sulla Chiesa nascente non avviene cinquanta giorni dopo la Pasqua, ma sul Calvario, al momento della morte di Gesù: il Figlio di Dio emisit spiritum, emise, inviò lo Spirito vitale su Maria, sua madre, e Giovanni, l'apostolo che Egli amava; non c'era altro motivo per cui la mamma e l'amico fossero presenti ai piedi della croce: le cronache di storia romana affermano il contrario: pare che le autorità non consentissero a parenti e amici di assistere all'esecuzione capitale del congiunto, a motivo della particolare crudeltà della pena; non di rado i crocifissi impiegavano parecchie ore, anche più di un giorno, a morire. secondo il pensiero del quarto evangelista, Maria e Giovanni rappresentano il primo nucleo della Chiesa; era dunque necessario collocarli ai piedi della croce per ricevere lo Spirito Santo, ultimo respiro di Cristo, primo respiro della Chiesa.
Quanto invece all'Ascensione, per il quarto evangelista, è contemporanea alla risurrezione e non avviene quaranta giorni dopo: dice infatti il Risorto a Maria Maddalena: "Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro." (20,17-18).
Chi dei due dice il vero? Chi ha ragione? Luca o Giovanni? Tutti e due!
Ormai lo sapete, i Vangeli non sono storici, ma teologici: sono redatti in base a un progetto teorico, ma soprattutto pastorale.
San Luca sottolinea il fatto che la Risurrezione ‘funziona' da faro, illumina (a ritroso) gli aventi della vita del Signore, ma soprattutto i suoi insegnamenti, mettendone in luce tutto il significato e il valore; era pertanto necessario che il Risorto restasse con gli Undici per un tempo - i tradizionali quaranta giorni - necessario a istruire la prima comunità cristiana sul senso della sua vita, della sua morte e della sua risurrezione, nell'economia della salsalvezza, per il bene della Chiesa e dell'umanità. Dopodiché, Gesù si ricongiunge per così dire al Padre, nel mistero dell'Ascensione: da quel momento gli Apostoli avrebbero camminato con le loro gambe, non da soli però, assistiti dal consiglio e dalla forza dello Spirito Santo.
I due elementi importanti per noi che ascoltiamo il Vangelo sono: il tempo della riflessione e dell'approfondimento che segue la solennità della Pasqua e la consapevolezza che il Cristo rimane con noi, nel segno (sacramentale) del pane spezzato.
Tuttavia, la vicenda di Cristo in terra è conclusa.
E su questo fatto, sulla necessità che il Figlio di Dio non resti fisicamente tra noi, è d'accordo anche Giovanni: l'Ascensione del risorto in spirito e corpo non conclude soltanto la parabola della sua incarnazione; in forza dell'Ascensione, Cristo porta con sé in cielo la nostra umanità.
Da ora, anche la Trinità non è più la stessa! mentre prima il Verbo aveva natura divina e persona divina, ora il Verbo ha aggiunto alla natura divina anche quella umana. In altre parole, la nostra umanità è dentro la Trinità. Questo grande prodigio, concepito dall'Onnipotente fin dalla creazione del mondo, e realizzato per il ‘sì' di Maria, nella pienezza dei tempi (cfr. Gal 4,4-7), ha accorciato la distanza che ci separava da Dio.
Lo ripeto: abbiamo bisogno di tempo per elaborare queste verità, per approfondirle, com-prenderle, o anche solo intuirle. Non è una necessità di ordine intellettuale...che poi l'intelletto, da solo, non è in grado di venirne a capo... È necessario prenderci il tempo necessario perché nel nostro cuore e nella nostra vita scaturisca la gioia pasquale, il dono che Cristo ci ha fatto, il dono che noi dobbiamo fare al mondo.
Che cosa ci stiamo a fare in questa ‘valle di lacrime'? La nostra vocazione è portare la gioia in un mondo devastato, che non ha più motivi per gioire, per continuare a sperare...
Abbiamo fatto tesoro di questi quaranta giorni dopo Pasqua?
Forza! altri dieci ed è Pentecoste!!
Adoperiamoci, ponendo ogni cura perché la tensione pasquale non cali e venga meno!
Con la Sua morte e risurrezione il Cristo ci ha dato anche le ultime due tessere per il nostro mosaico.
Ora non ci manca più nulla, l'opera è completa, l'opera che Gesù aveva avuto mandato di compiere. Ora è la nostra ora, ora è il tempo della Chiesa, il nostro tempo; la nostra occasione, l'unica, per contemplare con occhi umani, tutto intero, il mistero dell'incarnazione e farlo fruttificare in noi e fuori di noi.
Abbiamo l'intelletto, abbiamo la libertà, abbiamo la volontà e abbiamo la fede: quattro ingredienti che, sapientemente mescolati, rendono possibile anche l'umanamente impossibile.
C'è da fare! non possiamo restare con il naso all'insù a guardare il cielo. In attesa che il Cristo ritorni, dobbiamo anche noi portare a compimento il nostro mandato. Usando un'ultima volte le parole di Giovanni, il Cristo ha consacrato se stesso salendo sulla croce; a noi il compito di consacrare il mondo. Le parole, da sole, non bastano: sulle orme del Risorto, seguendo Lui con la nostra croce, tutti i giorni, impegniamo la nostra vita nel modo migliore...perdendola.
Fonte:http://www.qumran2.net

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