don Giacomo Falco Brini "Se metti Gesù al suo posto"


don Giacomo Falco Brini  
XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (02/07/2017)
Vangelo: Mt 10,37-42 
Continuano le istruzioni di Gesù ai suoi discepoli circa la missione a loro affidata nel mondo. Si
rafforza quel "non abbiate paura" udito domenica scorsa. Infatti, se da un lato il Signore chiarisce subito che al suo discepolo non saranno risparmiati disprezzo e persecuzioni, dall'altro, le parole di oggi garantiscono che ci sarà pur sempre l'esperienza dell'accoglienza in quanto suo accreditato rappresentante (Mt 10,40-42). Notate il legame ontologico ("chi accoglie voi accoglie me") che Gesù crea con il discepolo: a chi, credendo in questo profondo legame, accoglie il suo inviato, è assicurata la risposta grata del Signore. Per tre volte in due versetti è sottolineata la promessa della ricompensa di Dio.
E' sempre molto bello per me sottolineare la bontà con cui Dio ricompensa la fede: quante volte (non si possono contare!) ho toccato con mano la fedeltà del Signore alle sue promesse! Quante benedizioni ho visto per coloro che con fede hanno riconosciuto e accolto la mia povera persona come inviato di Gesù! Come dimenticarle? Ecco una tra le tante: mi trovavo in America Latina (Perù) da circa tre anni. Una domenica, mi recavo come sempre in una delle cappelle a me affidate per celebrare l'eucarestia. Ci arrivavo sempre una mezz'ora prima per essere disponibile al sacramento della riconciliazione. Quella sera giunse davanti a me una mamma che non voleva confessarsi, ma aveva una richiesta da farmi: "padre Giacomo, la prego, venga a casa mia! Mia figlia non vuole più ascoltarmi. Non so più cosa fare, tra noi non è più come prima. Mi ostacola in tutto, mi rimprovera sempre per ogni cosa e, soprattutto, non ne vuole più sapere di Dio. C'è un clima sempre pesante a casa. Sono in ansia perché non riesco più a parlare con lei". Quando la conobbi, Dora aveva 51 anni. Da quando rimase da sola, abbandonata subito dall'uomo con cui concepì Marta, si era sempre occupata con amore di sua figlia. Una ragazza madre come tante. "Verrò a casa tua" - le dissi - colpito dal tono contenuto e dignitoso della sua richiesta. Giunsi nella povera dimora di Dora un pomeriggio della settimana successiva al nostro incontro; c'era in casa anche sua figlia Marta. Bussai, e quando Dora mi vide alla porta trasalì di gioia: "padre! Che piacere! Venga dentro!...Che gioia! Oggi il Signore Gesù viene in casa mia!" Sono così i poveri dove ho vissuto per molti anni. Vedono in te quasi istintivamente la presenza di Gesù. Mentre mi preparava qualcosa da offrirmi guardavo tutto intorno la povertà della casa, ma in essa anche un ordine e una pulizia inconsueti. Giunse Marta e ci presentammo. Bastarono solo poche battute perché capissi che si trattava di una ragazza molto intelligente e perché lei si sentisse un tantino libera da vomitarmi addosso il suo disprezzo per la chiesa, i preti e tutti quelli che credono in Dio. Tuttavia, mentre parlava, notavo il suo argomentare ben ordinato e guardavo gli occhi sinceri con cui si esprimeva. Pensai alla sua vita senza papà sin dal grembo materno. Le dissi solo che molta della sua critica verso la chiesa era giusta e che mi avrebbe fatto piacere parlare ancora con lei. Poi arrivò la mamma e consumammo insieme quello che aveva preparato. Quando me ne andai, gli occhi di Marta mi scrutavano con un "non so che" di sorpresa e diffidenza. Dora invece, nascondeva il suo sguardo ad entrambi perché commossa. Ritornai la settimana successiva e questa volta fu Marta ad aprirmi la porta: "sono tornato per continuare quel discorso iniziato con te" - le dissi. Restai insieme a lei per quasi due ore. Quando me ne andai, Marta mi strinse forte la mano e mi disse con un germe di sorriso sul volto: "grazie!". Alcuni giorni dopo, avevamo in programma un ritiro di evangelizzazione speciale per giovani. Andai a casa sua per invitarla. "Di cosa si tratta?" - mi chiese - "Vieni e vedrai" - le risposi. Accettò l'invito. Il suo volto già non era più lo stesso. Il Signore Gesù in quel ritiro completò il suo miracolo. Riconciliò Marta con sua madre, con se stessa, con Lui e la sua chiesa. Ricordo ancora al telefono la voce di Dora strozzata dall'emozione; aveva chiamato per ringraziarmi. "Sei tu che hai creduto nella presenza di Gesù in me: perciò Lui ha potuto operare questo" - le risposi. Oggi Marta, dopo aver completato i suoi studi universitari, è una giovane donna affermata nel suo lavoro che benedice Dio in ogni circostanza della sua vita.
Infine, qualche pensiero sui versetti iniziali (37-39) del vangelo di oggi. Se Gesù parla così non è certo per entrare in concorrenza con l'amore che sentiamo per i nostri cari. E ciononostante le sue parole sono chiarissime. Chi non lo colloca prima degli affetti più cari non è degno di Lui. Che cosa vuol dire? Nella regola di S. Benedetto da Norcia c'è una ricorrente, breve espressione rivolta ai suoi monaci che è la migliore sintesi di questi versetti: "non anteponete nulla all'amore per Cristo". Per il discepolo in cammino queste parole non suonano né strane né antagoniste degli altri amori umani. Non anteporre niente all'amore di Cristo non fa male agli altri amori. E' piuttosto la direzione più autentica e saggia per far crescere bene ogni amore e per comprendere il significato della propria e dell'altrui esistenza. Alcune settimane fa insieme ad alcuni amici ho incontrato un sacerdote che conobbe molto da vicino Natuzza Evolo, la mistica di Paravati (Vibo Valentia) in Calabria. Naturalmente, abbiamo ascoltato molte cose riferite ai fenomeni soprannaturali che accadevano intorno alla sua persona. Ma una delle cose che mi ha colpito di più di quanto udito da quel confratello sacerdote, è stata la risposta che un giorno lei diede alla domanda di uno dei suoi figli ormai adulto. Natuzza infatti era una donna sposata. Questo figlio si rendeva conto della grande carità che muoveva la mamma ad accogliere tutti, soprattutto i più poveri e sofferenti, in casa sua. Carità che sperimentavano a un punto tale che tutti la chiamavano "mamma Natuzza". Allora un giorno questo figlio, sapendo bene da quanti fosse così chiamata e considerata, fece questa domanda a sua madre: "molti ti chiamano mamma, ma io vorrei sapere se, per te, loro sono come tuoi figli, o meglio: per te, io sono come loro?". La risposta di Natuzza fu sicura e decisa: "sì, non c'è alcuna differenza tra te e loro: siete tutti miei figli". Così è il cuore di chi ha messo nella sua vita Gesù al suo posto, cioè il primo. Si trova a vivere una vita e un ordine nuovo che fa bello tutto ciò che lo circonda, dando il suo proprio significato ad ogni amore umano. Perché per noi cristiani non c'è amore che, se vuol evitare di fare danni, non debba orientarsi e sottoporsi a quello di Gesù Cristo. Diversamente, ecco i multiformi problemi di oggi in tante relazioni umane, per dirla morbidamente. Mettiamo dunque Gesù al suo posto, come Dora e come Natuzza. Non ce ne pentiremo.
Fonte:http://www.qumran2.net

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