dom Luigi Gioia, "L'inesauribile sorgente di senso"

L'inesauribile sorgente di senso
dom Luigi Gioia  
XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (16/07/2017)
  Visualizza Mt 13,1-23
La Parola di Dio, per bocca di Paolo, ci invita audacemente ad entrare nella libertà della gloria dei
figli di Dio. La nostra identità cristiana rappresenta uno straordinario titolo di nobiltà: ciascuno di noi è figlio di Dio, Dio stesso ci è promesso in eredità, non per donarci soltanto qualcosa, ma se stesso. Nella casa di Dio, ci dice Gesù, noi non siamo servi, ma amici. Il Padre ci accoglie, ci riveste di una tunica, ci mette un anello al dito, dei sandali ai piedi, tutti simboli di una relazione di familiarità con lui. Quindi - come dice Paolo nella prima lettera ai Corinzi - tutto è nostro. Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è nostro! Noi siamo di Cristo e Cristo è di Dio.
La qualità principale dei figli di Dio è soprattutto questa libertà, il cui garante principale è la Parola di Dio. Tutto ci è dato nella Parola di Dio, tutto è nostro attraverso di essa. Essa è come la pioggia e la neve che scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra. È inviata dal Signore per irrigare il nostro cuore, dare fecondità alla nostra vita, essere nutrimento, dissetare la nostra sete di senso, darci freschezza nei momenti di pesantezza della nostra vita, aiutarci a ritrovare la speranza, farci sentire che non siamo soli.
Questa Parola è sorgente di immensa consolazione. Basta una frase del salmo: Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla, mi guida e mi conduce. Oppure: Ho gridato, ho gridato al Signore ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido. Oppure la frase di Gesù nel Vangelo di domenica scorsa: Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, ed io vi darò riposo. Una tale sorgente di acqua sempre fresca, di consolazione sempre nuova, di gioia e soprattutto di pace, è sempre a nostra disposizione. In ogni momento possiamo aprire la Bibbia e ritrovarvi conforto.
Bisogna riconoscere però che, il più delle volte, la nostra relazione con la parola somiglia piuttosto a quanto dice Gesù nel Vangelo: Udrete, ma non comprenderete. Guarderete, ma non vedrete. Il cuore di questo popolo è diventato insensibile. Il nostro cuore è diventato insensibile perché i nostri orecchi e i nostri occhi si sono chiusi alla Parola. Perdere la libertà dei figli di Dio consiste proprio in questo: precluderci per negligenza l'accesso al tesoro, all'eredità che il Signore ha messo a nostra disposizione e che noi lasciamo al chiuso in uno scrigno, senza neanche avere la curiosità di aprirlo per scoprire quali ricchezze contenga.
La libertà cristiana cresce solo se la Parola è accolta, amata, meditata e compresa. Chi vive della Parola di Dio è libero perché può attingere ad una sorgente inesauribile di senso, come Gesù stesso afferma: In verità vi dico, cielo e terra passeranno, tutte le cose che ci sembrano importanti in questa vita, sia quelle positive che quelle negative, passeranno, ma la mia parola non passerà mai. E altrove: Chi ascolta queste parole vivrà in me e io in lui. E ancora: Le parole che io vi dico sono vita eterna.
Nella nostra relazione con la Parola di Dio risiede dunque la sfida fondamentale della vita di fede, la possibilità di preservare la nostra libertà di figli di Dio. Ecco perché il Vangelo ci esorta così vivamente a stare attenti a non lasciare questo seme della Parola cadere lungo la strada: gli uccelli del cielo potrebbero venire a rubarlo. Gesù spiega che questo succede ogni volta che uno ascolta la parola di Dio e non la comprende. Comprendere vuol dire ‘prendere-con', avvolgere la parola che riceviamo con l'intelligenza e con il cuore. È come quando ci è dato un tesoro prezioso: lo circondiamo con le nostre braccia e lo mettiamo al riparo vicino al nostro cuore. Il seme della parola di Dio deposto nel nostro cuore va avvolto, serbato, meditato. Siamo invitati a ripensarci e a cercare di aderirvi con il cuore, altrimenti è inevitabile che la prima distrazione la porti via come farebbe un uccello con un seme lasciato incustodito.
Siamo poi invitati a non essere come un terreno sassoso, nel quale c'è giusto terra abbastanza perché il seme germogli, ma non la profondità che gli permette di affondare in noi le proprie radici. Questo è il simbolo dell'incostanza, della mancanza di perseveranza: ci entusiasmiamo quando qualcosa ci parla, ma poi ci lasciamo assorbire dalle altre occupazioni della vita e perdiamo il contatto vivente, quotidiano con la Parola.
Infine ci sono i rovi. La parola di Dio, anche nel cuore di coloro che desiderano accoglierla e che cercano di coltivarla, è soffocata dalle preoccupazioni, dalla spirale di attività che, buone in sé stesse, possono però anche diventare un alibi per fuggire i momenti di silenzio e di raccoglimento necessari perché questa Parola non sia soffocata, perché la fiamma che il Signore accende nel nostro cuore non si smorzi.
Nella qualità del nostro ascolto della Parola è dunque in gioco la nostra libertà cristiana. State saldi -dice Paolo- state attenti a non lasciarvi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Per questo, accogliamo la Parola con un cuore fedele, desideroso, assiduo, che sappia avvolgerla, conservarla e le permetta di dispiegare tutta la sua fecondità.
Fonte:http://www.qumran2.net

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