DON PaoloScquizzato, "Occorre imparare a diventare ‘integrali’"

OMELIA 16a Domenica Tempo Ordinario. Anno A
Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del
buon seme nel suo campo. 25Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. 28Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. 29“No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio”». (Mt 13, 24-43)

Occorre imparare a diventare ‘integrali’. Altrimenti saremo sempre ‘integralisti’.
Essere integrali significa abbracciare il mondo che ci abita, nella sua interezza: il bene e il male, la luce e la tenebra, il bianco e il nero. Non c’è bisogno di mutilarci e di ferirci per estirpare la nostra ombra. Siamo unitotalità. La zizzania, l’erba cattiva e infestante è parte integrante di noi.
La domanda sottesa a questo brano è: “ma se tu – Signore – sei il Bene, perché il male, e soprattutto il mio male?’.
Gesù nel Vangelo non spende una parola sull’origine del male, sul suo perché e non prende mai le difese di Dio per giustificarlo dinanzi al ‘Myisterium iniquitatis’. Dà piuttosto indicazioni su come trattare il male. E spiazzandoci non poco, ci suggerisce di non strapparlo e volerlo distruggere a tutti i costi. Noi pensiamo che essere discepoli significhi intraprendere un lento cammino di pulizia nel proprio campo interiore e soprattutto nell’ambiente in cui si vive, in  modo che alla fine rimanga una sorta di perfetto prato inglese, ben rasato, con nemmeno un piccolo rimasuglio di erba infestante. Vorremmo una comunità fatta di puri e predestinati, libera dal male e dai cattivi. Ma questa non è santità, è ideologia.

Dal punto di vista di Dio, esiste un altro modo di trattare il male, una modalità che per la mentalità dei ferventi discepoli di sempre, appare perlomeno assurda: lasciarlo crescere! (cfr. v. 30). Strappare la zizzania, distruggere il male dentro e fuori di noi, è solo occasione di altro male, di altra violenza, di altro odio. L’unico modo di vincere il male è contrastarlo col bene. «Non rendete male per male né ingiuria per ingiuria, ma rispondete augurando il bene» (1Pt 3, 9).

Dio è tale nel momento in cui mi perdona, in cui entra dentro il mio male. In qualche modo Dio ha necessità del mio mondo malato, del mio peccato, per manifestare il suo essere vita e salvezza: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». (Gv 11, 4). Le nostre, e altrui, malattie esistenziali, non devono diventare occasioni di morte ma luogo dove l’amore e quindi la vita vi si possano manifestare.
Paolo ha cercato per una vita di distruggere la spina nella sua carne (cfr. 2Cor 12, 7ss), ma Dio gli ha rivelato: «lasciala stare in te, lasciala crescere in te, non toglierla perché quella è lì per farti memoria di chi sono io: potenza nella debolezza, bene nel male, salvezza dove tutto parla di distruzione». E l’apostolo s’è sentito finalmente la vita salvata: «Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze perché dimori in me la potenza di Cristo» (2Cor 12, 9b).
Il male non può far fallire il progetto di bene di Dio su di me e sul mondo, ma piuttosto accelerarlo e compierlo.
Allora da qui una domanda: ci interessa di più scoprirci splendidi campi di grano, disinfestati, puliti, ‘santi’, o piuttosto storie che per quanto sporche e insulse hanno la splendida possibilità di fare esperienza di un Amore che viene a farci visita rivelando la sua e la nostra verità?

Ma alla fine la mietitura verrà. Il giudizio di Dio si compirà! E cosa accadrà in quel momento? La zizzania sarà distrutta, consumata, bruciata. Ma attenzione, solo il male che è presente nell’uomo e non l’uomo che ha fatto il male! Nel nostro brano non viene rimproverato l’uomo che si è trovato della zizzania nel suo campo. Lui non ne può nulla. Ma viene bruciata tutta la zizzania. Ovvero, il male che abbiamo compiuto, la nostra mancanza di misericordia, il nostro non essere riusciti a configurarci con l’amore del Padre, verrà distrutto dall’amore di Dio, che tutto salva (cfr. 1Cor 3, 11ss.).

«Bisogna accettare tutto, ogni cosa, senza eccezione alcuna, in sé e fuori di sé, in tutto l’universo, con lo stesso grado di amore; ma il male in quanto male, il bene in quanto bene».   (S. Weil, Cahiers, II)
Fonte:www.paoloscquizzato.it/

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