Padre Paolo Berti,“Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare...”

XVII Domenica del T. O.        
Mt 13,44-52 
“Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare...”
Omelia   
Spesso faccio alla gente questa domanda: “Cosa desiderate da Dio? Cosa domandate nella
preghiera?”. La risposta dell’ottanta per cento mi è risultata relativa al desiderio di una buona salute, di un posto di lavoro, di soldi, di un marito, di una moglie; insomma star bene. Pochi mi hanno detto che chiedono di avere più carità, più fede, di essere più coerenti, onesti nelle tante tentazioni, e la capacità di sostenere le croci.
Salomone, abbiamo ascoltato, non chiese una vita lunga, né la morte dei suoi nemici, né ricchezze, ma si dichiarò servo e domandò di avere un “cuore docile” all’azione di Dio, alla legge di Dio, in modo da amministrare la giustizia con rettitudine e discernimento. E questo piacque a Dio. Egli domandò un “cuore docile”, e quindi obbediente a Dio. Si pose dinanzi a Dio come servo di un disegno che prevedeva che un giorno sul suo trono si sarebbe seduto un Unto del Signore, superiore a Davide e a lui (Cf. 2Sm 7,12s; Ps 109/110,1). Salomone raggiunse vertici si saggezza, ma poi traviò, condizionato dalle sue numerose mogli, e cominciò a dimenticare il disegno di Dio, aveva perso il “cuore docile”.
Salomone doveva modellarsi sulla giustizia, sulla rettitudine del futuro Re, che sarebbe stato elevato davanti ai popoli (1Sm 2,10): “Il Signore giudicherà le estremità della terra; darà forza al suo re, innalzerà la potenza del suo consacrato”. Preferì invece, dopo un inizio splendido di saggezza, chiudersi nell'orgoglio e nella lussuria (Sir 48,19s).
Salomone non doveva cessare di guardare al futuro Re, e anche noi, fratelli e sorelle, non dobbiamo mai cessare di guardare a Cristo, a colui che conosciamo non attraverso profezie - poiché egli è diventato evento storico -, ma attraverso l'annuncio della Chiesa. A Cristo noi dobbiamo conformarci. L’abbiamo ascoltato da san Paolo: “Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli”.
“Conformi all’immagine del Figlio suo”; il che si ottiene attraverso l’imitazione di lui, al quale apparteniamo come tralci uniti alla vite per via del Battesimo.
Noi siamo stati “chiamati” e “giustificati”, cioè resi giusti, da uomini imbrattati di peccato che eravamo. Avendo aderito a Cristo siamo “conosciuti”, il che vuol dire che portiamo nel cuore i tratti del Figlio. Gesù dirà a quelli che non l'hanno voluto accogliere (Mt 7,23): “Non vi ho mai conosciuti”. Siamo “conosciuti” dal Padre nel Figlio, al quale siamo predestinati ad essere conformi. Il disegno del Padre è Cristo, e nella conformità a Cristo formiamo un’immensa fraternitas di figli di Dio, che è la Chiesa.
Molti re di Gerusalemme dimenticarono di essere servi del Signore e lessero il futuro Messia come se fosse omogeneo a loro nella ricerca della gloria terrena. Per questo il profeta Isaia presentò con insistenza il Messia nei termini di servo di Jhavéh, di servo disprezzato dai potenti, messo a morte dai potenti, ma vincitore. Proprio attraverso le sofferenze egli fu vincitore (Is 53.5.12).
Paolo ci dice che “tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio”; tutto: offese, sofferenze fisiche, attacchi contro la fede, torture psicologiche. Questo perché uniti a Cristo crocifisso sappiamo trasformare le cose cattive in cose buone. Nessuna paura di fronte alle difficoltà, poiché tutto torna a nostro bene, il quale è, poiché Cristo è il centro di tutto, la crescita nella conformità a Cristo, che ci fa graditi al Padre e ricchi dell’onda ristoratrice dello Spirito Santo.
“Li ha anche glorificati”, ci dice san Paolo. Di quale gloria? Della gloria del vincitore. Non si dà gloria senza vittoria. E la nostra vittoria è quella di vincere il mondo, la carne e il demonio. Ma la gloria noi l'aspettiamo in cielo, e quella delle nostre vittorie spirituali, qua in terra (Cf. 2Cor 3,18), non ci porta ad esaltarci, e anzi noi ci gloriamo della croce di Cristo (Cf. Gal 6,14) vivendo nel nascondimento (Col 3,3). Gloria piena, svelata a noi stessi, avremo in cielo, nella visione beatifica di Dio.
Fratelli e sorelle, non è difficile capire il vagante uomo per le solitudini dei campi e il cercatore di cose preziose. Uno sta andando senza una meta precisa, l'altro è alla ricerca di cose preziose, ma entrambi incontrano qualcosa che ritengono dato dal cielo e che cambia radicalmente la loro vita. Non hanno dubbi, incertezze, vanno, e con i loro averi comprano il campo con il tesoro, e la perla preziosa. Noi dobbiamo fare altrettanto. Di dubbi, di incertezze, quando si tratta di fare un affare sicuro non ne abbiamo; e allora tanto più non dobbiamo avere dubbi e incertezze nel seguire Cristo, perché si tratta di aver trovato ogni bene, quello che satura con sovrabbondanza illimitata le aspirazioni del nostro cuore.
Qualcuno potrà dire: “Cose belle, che riguardano pochi fortunati”. Ma ecco, la parabola della rete gettata nel mare esclude che si possa dire che queste belle cose riguardino pochi fortunati. Infatti, tutti gli uomini sono chiamati alla fede, nessuno eccettuato. Chi dice, e si sente spesso dirlo, “Beato lei che ha la fede!”, deve sapere che lui la fede la rifiuta, perché essa è offerta a tutti.
Nella rete tirata a riva, voi avete ascoltato, ci sono tutti, proprio tutti: i pesci buoni e i pesci cattivi. Nella rete ci sono tutti, ma con esito diverso: i pesci buoni vengono messi nei canestri, quelli cattivi buttati via. Chi si è avvitato in se stesso e su se stesso, chiudendosi a Cristo; chi è stato gonfio della propria superbia, chi è stato orgoglioso del proprio orgoglio, chi è stato famelico della propria lussuria, chi ha fatto della menzogna la sua regola, chi della violenza ha fatto il suo diritto, chi dell’egoismo la sua legge, finirà, come dice il Vangelo “nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti”.
Ma, fratelli e sorelle, è bello servire l’Amore; è bello seguire Cristo, essere conformi a lui. Apriamo il Vangelo, leggiamo: Cristo che accoglie i fanciulli, Cristo che parla con bontà con la Samaritana, Cristo che ha pazienza con i discepoli, che perdona, che odiato continua ad amare, che prega il Padre nel silenzio della notte, che vince il Demonio, che denuncia il male, che dona la sua vita, che sale glorioso al Padre.
Oggi tanti non conoscono più Cristo, perché lo hanno adattato a se stessi e quando incontrano uno che cerca di modellarsi su Cristo, di conformarsi a Cristo, gli danno del fondamentalista. Gli dicono che la sua fede è assurda, e si scandalizzano.
La fede, fratelli e sorelle, non è incertezza. Gli incerti, gli instabili, quelli che si flettono ossequiosi ad ogni vento di opinione, che si adattano al mondo, finiscono per seguire i superbi, e i peggior superbi: i superbi della loro superbia, gli orgogliosi del loro orgoglio. Ma noi, che siamo resi in Cristo capaci di amore e giustizia, non seguiremo i superbi della loro superbia, ma l'umile e mite Gesù e con lui un giorno saremo glorificati in cielo. Amen. Ave Maria. Vieni, Signore Gesù.
Fonte:http://www.perfettaletizia.it

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